Il Teatro un giorno ti incontra per strada o nella semioscurità di una sala. Ti spoglia di quanto sapevi, senza farti restare nudo. Ti fa riconoscere dietro le tue maschere ed annulla la distanza da esse. Ti restituisce all'umiltà dell'ascolto. In questo luogo, sei invitato a darti quale sei, uno in più dei centomila personaggi già incontrati.

lunedì 25 aprile 2011

Drammaterapia, il pavimento delle emozioni







@ Nero
Non è affatto comodo muoversi senza l'aiuto delle braccia, strisciando e rotolando nel tentativo di... Di cosa? Nessuna direzione, nessuno scopo, nessun obiettivo, solo un corpo che si muove comandato dalle sensazioni del momento, senza porsi domande. Situazione strana, sensazione di vuoto e rilassatezza, un po' disturbato dal fatto di non dover dirigere nulla e di non usare le mie, abitualmente, capaci mani. Però comincio in questo modo a "sentire" meglio. Il pavimento, il tappeto, gli altri; altri che come me fanno la stessa esperienza.
E pian piano la difficoltà passa in secondo piano, perchè mi sembra di far parte di un corpo unico, di cui tutti sono gli arti, che si muovono in modo casuale, accettando con naturalezza gli urti e gli schiacciamenti, e la sensazione è di benessere. Un benessere che continua quando ascolto la voce provenire dalla scatola, che parla di stili musicali, li colloca nel tempo, attribuendone i luoghi di origine, ed immagino le persone di quell'epoca.
L'America dei primi anni del xx secolo, i locali fumosi degli anni trenta, l'avvento del rock negli anni sessanta.
E un po' nostalgicamente penso a quelle persone che vivevano la musica a tutto tondo, lasciando permeare la propria vita dalle note fuoriuscite da gracchianti radio e preistorici giradischi, vedendo il domani con l'ingenuità di chi forse non comprende, ma spera in un futuro migliore.
E ancora una volta il filo di un rapporto che mi fa sentire l'altro nell'intimo; che collega il nostro interiore in un circuito che non ha più gli interruttori e i comandi di stereotipi e convenzioni, incastri e maschere, finzioni e luoghi comuni.
E Pulcinella è veramente "tosta" quanto Alice è divertente, sento la loro Anima senza filtri, ci concediamo con gioia, e gioisco di questo...

sabato 23 aprile 2011

La Scatola straordinaria della Vita



@ Libertà
"Ancora una volta mi sono stupito, tutta la serata mi ha lasciato un senso di tristezza, non so perchè.Va bene. Rotolandomi in terra, quando incontravo l'altro, ero comodo. Poi mi sono fermato, sul petto forse di dedalo e sentivo il suo cuore battere e sono ritornato indietro di 30 anni, quando un dottore con uno stetoscopio, mi ha fatto ascoltare il battito del cuore di mio figlio nel grembo della madre, e ricordo di aver provato un'emozione straordinaria. Solo questo valeva la serata, naturalmente, senza tutti voi, non sarebbe accaduto, come è inprevedibile e magica la vita,quanto tutti siamo legati da un filo invisibile che ci unisce. Tutto questo è nascosto in un mondo che noi non conosciamo, ma viviamo, a patto che vogliamo viverlo, aprendoci a tutto quello che ci circonda, senza giudizi e pregiudizi, che meraviglia!
E se la scatola fosse la nostra vita e noi la teniamo chiusa, che vita è? Invece, una scatola aperta comunica con gli altri le sue emozioni, i suoi pensieri e le sue paure, che possono svanire nella comunicazione, forse perchè condivise, oppure riconosciute o accettate, come una parte di noi. Per essere una serata "triste" è stata veramente positiva.
Libertà

venerdì 22 aprile 2011

Una Pasqua simbolica di intensa serenità


@ director
Desidero augurare una "pasqua" simbolica di intensa serenità all'Atelier e a tutti quanti ci seguono e sopportano le nostre performances, così strepitosamente imperfette e piene di "senso". E lo faccio con un fotomontaggio di qualche angelo rubato alla basilica di S. Pietro dalla macchina fotografica di mia figlia ed un sogno che Pulcinella ci ha regalato qualche giorno fa, recitandolo compitamente e coniugandovi tanta emozione. Grazie a tutti, grazie Pulcinella, Auguri.

"Un regalo per voi tutti con l'augurio di una meravigliosa Pasqua di pace e serenità: LA SCALA DELLA VITA.
Che belle le nuvole! E’ questo ciò che penso, mentre nella dimensione onirica di me adolescente cammino tra loro. I miei piedi scalzi ad accarezzare nel mio incedere spensierato questa morbida ovatta candida. Improvvisamente, innanzi a me una lunghissima scala a pioli di legno grezzo, con il naso all’insù la guardo per un attimo, con curiosità, cercando di capire dove può condurre. La vedo dissolversi tra i cumuli e con spensierata incoscienza, lentamente, inizio a la mia salita. Un piolo per volta. Decine, centinaia di piccole stecche di legno si inseguono sotto i miei piedi. Quando finirà? L’eccitazione della scoperta pian piano lascia il posto alla stanchezza. Ho paura. Non so cosa fare, non ne vedo la fine, vorrei tornare indietro, ma ci ripenso, non posso e non voglio arrendermi. Guardo in basso la lunghissima scala che si perde nel nulla, mi aggrappo con forza ai bordi che mi sostengono; sento che non ho più forza e la paura, la stanchezza, il dolore del lungo cammino lasciano ora spazio alla disperazione. Maledico la mia curiosità e mentre mi volto esausta per riprendere faticosamente il mio percorso... cosa vedo? Un enorme portone che prima non c’era! Afferro i battenti di bronzo, fauci di leone a sostenerle e con la poca forza ancora rimastami batto due colpi. Subito, come per magia, le grandi e pesanti ante si schiudono morbide quasi fossero ali e ciò che i miei occhi vedono ha davvero dell’incredibile. Un immenso giardino ombreggiato da alberi fioriti in una radiosa giornata di primavera inoltrata. Giù nel fondo una staccionata di legno e oltre solo cielo azzurro e nuvole. Tutti i colori hanno un’intensità tale che ne rimango rapita. Nel naso odore di muschio, fiori ed erba tagliata, ma ciò che maggiormente attrae la mia attenzione è il lento incedere di figure umane, tutte rigorosamente vestite solo di bianco. Una coppia in tipico stile Belle Epoque: lei sotto un enorme cappello, stretta in un bustino che le segna la vita, cammina ondeggiando la sua ampia gonna, accarezzando i fili d’erba sotto di sé. Per ripararsi dal sole, ha un graziosissimo ombrellino di pizzo. Accanto a lei un giovane uomo con i baffi all’insù e un cappello a cilindro le porge il braccio e l’ascolta rapito. Poco distante, un bimbo gioca rincorrendo il suo cerchio, un giovane soldato di una guerra non voluta appoggiato ad un albero, ascolta attento i racconti di due vecchi non più stanchi seduti su una panchina di pietra. Tutti nei loro abiti candidi sorridono e si muovono con dolcezza in quel verde e quell’azzurro limpido riscaldati dai raggi del sole che filtrano tra i rami. Quanta pace, quanta felicità! Sdraiata nell’erba, mi lascio cullare da questa sensazione e travolgere dall’emozione. Non vorrei più scendere quella scala e lasciare quel giardino, vorrei che il tempo si fermasse ora, per sempre, ma è mattino, mia madre mi chiama e risvegliandomi mi riporta alla realtà. “Perché mentre dormivi sorridevi? Cosa stavi sognando piccola mia?”- e lei - “Il Paradiso mamma!”. 
Un sogno di tantissimi anni fa, ero piccolissima, non l'ho mai dimenticato. Forse è davvero così, chi può dirlo. Con affetto, Pulcinella.

giovedì 21 aprile 2011

Ancora su Drama e Drammaterapia...

Laboratorio di Drammaterapia , 20.04.11
@ director
Il "drama" procede dall'iniziale provocazione significativa ed il senso di quest'ultima è personale e collettivo in un gruppo di drammaterapia. Non è una risposta, ma piuttosto un quesito che nasce dal "perturbante" in noi, svegliato nella letargia di rigidi meccanismi di difesa. Ed in quanto quesito, è "azione" tesa a rappresentare quel "risveglio".
In questo risiede l'azione drammatica. Il processo drammaterapico è quindi uno scatolone che contiene e ricontiene le varie edizioni di un proprio In-Out e come un illusionista le tira fuori a stupire e meravigliare: la capacità di non essere eguali a se stessi, pur restando se stessi.

In bilico tra interprete e personaggio si svolge allora la silenziosa intervista all'anima.

martedì 19 aprile 2011

Laboratorio di Drammaterapia

Il Pianeta fatto di Paura

@ director
"Hitler ha sbagliato tutto: se fosse vissuto nei giorni nostri avrebbe mandato dei tedeschi coi barconi a invadere il mondo e nessuno avrebbe potuto fermarli perche', beh, ci sono le ragioni umanitarie'". Questa è paura, anzi terrore.  E' terrore l'uccisione di Vittorio Arrigoni ed anche quando la diplomazia prostituisce la "umanità" con la legge del più forte.

"Vittorio Arrigoni", immagine tratta dall'account di
 facebook
Ho recentemente ricordato questo ad un mio paziente con attacchi di panico: poteva rivolgersi teneramente alla propria umanità, sentirla come valore, farsi proteggere da essa, oltre che dai farmaci, mentre una tempesta ormonale attraversava il suo corpo, tuttavia senza fare danno. Sì, la nostra paura può difenderci dalla paura, quando gli eventi sorpassano la realtà ed allora il panico finisce di farci del male, anzi il panico finisce proprio. Giusto quest'anno, sono trenta anni che curo pazienti con attacchi di panico e so che la rassicurazione che "...non può succederti nulla di più grave" e temibile di quello che già accade quando sei colto dal panico, è un'informazione che non serve a tranquillizzare. E' utile, inizialmente, per sgombrare il capo dalla confusione tra fisico e psichico, ma quando poi li devi far lavorare insieme (perchè nulla è solo fisico o solo psichico), perfino il "panico" serve per superare il panico. Ed allora la coscienza di valori superiori alle nostre contingenze e rituali preoccupazioni è un "gancio" a cui appendere potentemente la nostra "salvezza". Ci riporta alla consapevolezza, oltre l'esistere, di essere imperfetti attribuitori di senso, ma che, tuttavia, hanno la possibilità di sbagliare e quindi migliorare.
Un grande uomo (anche se non amo le citazioni) affermava che gli errori degli altri ci servono, perchè non potremmo imparare tutto da quelli che possiamo commettere nella nostra limitata esistenza...Una bella definizione che rassicura sull'errore, spingendo il pedale sulla responsabilità, piuttosto che sulla "colpa".
Vittorio puà "salvare qualche paziente (purchè questo lo desideri) da un attacco di panico, da un pensiero ipocondriaco, proprio mentre il "volontario" sta soffocando, probabilmente stretto da un legamento di ferro, in una stanza abbandonata in Gaza, per davvero. La sua esistenza, la passione, fatta delle stesse catecolamine che scorrono abbondanti in chi è preso dal panico, inducono a riflettere, a sentire in noi, disapprovazione, ma che dico... rabbia ed indignazione, e poi infine dolore, al posto della paura. Non avviene tutto solo perchè ci riflettiamo, solo perchè leggiamo commossi un articolo di giornale, ma più silenziosamente, se la nostra anima è nutrita da vicende oltre il confine delle nostre mura. E' una "nascita" interna che da dentro ti fa ritrovare senza paura, ma con la capacità di sperimentarla, se è umana. Disumane certe morti e tragedie, disumano il panico se per nutrice ha un civiltà con i paraocchi, che inventa mille marchingegni per fotografare il mondo, senza "rifletterlo" veramente.
Negli ultimi anni, nel web e nelle rubriche televisive ho spesso sentito affermare che "la crisi economica fa aumentare vertiginosamente la statistica degli attacchi di panico"; poi è stata la volta del terremoto dell'Aquila, poi gli omicidi di Sarah di Yara... Fatemi ironizzare sull'arguto senso scientifico di chi utilizza queste informazioni per "istigare" a delinquere... Lo sappiamo che un numero significativo di incidenti dell'aria può far aumentare la paura di volare, che il clima di incertezza che il terrorismo ha culturalmente creato incide profondamente sulla nostra sicurezza, fuori, ma anche quella interna. Non serve che quel mestiere che la specie degli sciacalli ha selezionato per motivi di biologica sopravvivenza, sopravviva anche in noi, predando chi è già stato predato: l'informazione che usa stessa per sopravvivere, utilizzando la tragedia o la paura. Questo non è etico e non aiuta chi soffre di "paura".
Nel nostro coraggioso teatro, ma pieni di timori, siamo consapevoli di aver rappresentato, in tre diverse edizioni, "Il Kamikaze" e di averlo registrato, mentre a Gaza o in Israele si muore per davvero. Di aver portato in scena Barbablù, mentre a due giovani promesse donne veniva violata la vita. La consapevolezza e la riflessione ti riparano dall'inganno della storia, del dittatore, del professionista, di te stesso. Si può combattere con i valori, senza sparare, senza confini arbitrari (quando ideologici, sia che si alzino, sia che si abbattano) contro l'indifferenza, il luogo comune, la comoda poltrona finchè un terrore infondato ci prenda, sfortunatamente, e ci induca a combattere inutilmente contro noi stessi. Cosa sto affermando? Intellettualmente è onesto riconoscere che la non riuscita integrazione tra valori personali e sociali, nella cultura e nell'individuo, può condurre a far funzionare il nostro corpo e la nostra mente in modo disordinato, non utile alla nostra esistenza ed a quella degli altri.
Grazie Vittorio.

venerdì 15 aprile 2011

Drammaterapia, la trama della relazione

Alice nell'esperienza del "filo": Drammaterapia, oltre il copione
@ Alice
"Recitare un copione o improvvisarlo non è facile (eppure quanto siamo attori nella vita!), soprattutto quando ci si trova ad interpretare parti che magari non ti appartengono. Stai in mezzo alla scena, occhi che ti guardano e non sai cosa dire, hai paura di dire una cosa stupida, hai paura di essere giudicata, non sei attrice e non sai recitare....Che fare? Pensi, ma il tempo è poco devi parlare, devi dire qualcosa, il cuore batte e la voce trema ma devi parlare.Vorresti urlare ma non ne sei capace, vorresti uscire di scena, ma non puoi. Che ci faccio io qui....Le emozioni sono troppo forti, il cuore batte, l'ansia ti assale...piangere o farsi coraggio? Ti fai coraggio e tiri fuori qualcosa, giusta o sbagliata che sia, bella o brutta ma l'hai tirata fuori ed è un traguardo in più che hai raggiunto!"

@ director
Ci hai fatto venire l'ansia, per un momento, e poi stare davvero bene! Fiuuuuu......

giovedì 7 aprile 2011

Drammaterapia, «Lo sforzo disperato che compie l'uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è teatro»

" Ha da passa' 'a nuttata"

@ director
DramaticaMente...parlando, ieri c'è stato un bisticcio di parole, racconti, versioni dei fatti e confusione da parte di una "fantastica" famiglia in crisi d'identità, che non poteva non comportare un'analoga confusione, affastellamento e contraddittoria ressa di interpretazioni da parte dello psichiatra, della psichiatra e dell'assistente sociale, "fantastici" anche loro. La "simulata", scarna di dettagli precostituiti, costruita in intinere tra suggerimenti del director e veementi proposizioni degli interpreti, ha riprodotto nella rissa a terra della due sorelle (la madre a la di lei sorella), davanti agli occhi stupefatti dei due gemelli "affiatati" (figli della prima e nipoti della seconda, ovviamente), la confusa battaglia delle idee che lì albergava in tutti, ma che dico...aleggiava come un vento che non sa decidersi da dove soffiare e dove rivolgersi. Poderosa esibizione delle contraddizioni, magnifica denuncia dell'impotenza, ricca sorgente di molte ipotesi (nessuna certa), esemplare spettacolo di incoerenza, impulsività, perdita dei confini...Ilarità e stupore negli interpeti e in chi assisteva, ma poi...basta? No. Servirà fumettarla (in mancanza di un video). Serviranno foto dei personaggi e nuvolette piene di cose "insensate" e che tuttavia un senso hanno. Servirà che voi, qui, riferiate e raccontiate cosa diavolo vi passava per la testa...perchè, è vero, come dice il brano di Vasco finale, " Ha da passa' 'a nuttata", ma il vero problema è che noi tutti siamo nei guai con il "giorno" e quello è sempre troppo lungo per far fare il suo lavoro benedetto alla notte.
Dimenticavo, "lo zio camionista", si...insomma quello che fuma molto, ha poi deciso di portare con sè, durante qualche trasferta in camion (prestigiosa prescrizione dello psichiatra, tra le tante), solo un gemello alla volta, anche se sono "affiatati": più prudente far guarire la famiglia un poco alla volta...
Ho titolato queste righe con una frase da scritto inedito di Eduardo. Buon lavoro "attori".

mercoledì 6 aprile 2011

Drammaterapia, la Figura & lo Sfondo

"Drammaterapia, figura & sfondo"
@ director
Il "filo" di questa relazione con il mondo e, contestuale, quello che ci ricollega, come una linea "dedicata", alle nostre esperienze passate (Langs), ad intrecciarsi insieme ed a intessere quella comunicazione così felice, fallita, stentata, complice, trascurata, rimossa, simbolica e reale...Dove siamo sfondo e figura nella nostra vicenda. Quando l'uno, quando l'altra? Quando insieme, se in fondo sembra che non si possa mai "non comunicare" (Watzlavick)?
Nell'esperienza ludica, attraverso il "filo", l'asta di bamboo, l'oggetto, si usa simbolicamente lo spazio-tempo per inserirvi la ricerca di una primitiva comunicazione tra due persone, "primitiva" perchè se ne cerca la lettura attraverso l'osservazione delle sovrastrutture, senza dimenticare che essa è anche e soprattutto quello; alla stessa stregua di una scienza, una politica, una religione permeate nel nostro pensiero "nevrotico" e da quello costituite. Ed il gioco conduce all'esplorazione del proprio Sè, alla definizione dei propri confini, consapevoli o meno ed alla dimensione "virtuale" della relazione che noi abbiamo dentro, prima ancora che nella prassi comunicativa. Nel gesto e nel movimento, nella postura e nell'arresto, essa relaizza la propria struttura e suggerisce l'implicita semantica. Un discorso che non vuole troppo "nutrire" la testa di questo gruppo, per non privare "la pancia" della sua potenziale intelligenza, ma a cui a volte è importante accennare. Dunque, la figura & lo sfondo...