Il Teatro un giorno ti incontra per strada o nella semioscurità di una sala. Ti spoglia di quanto sapevi, senza farti restare nudo. Ti fa riconoscere dietro le tue maschere ed annulla la distanza da esse. Ti restituisce all'umiltà dell'ascolto. In questo luogo, sei invitato a darti quale sei, uno in più dei centomila personaggi già incontrati.

domenica 15 maggio 2011

Drammaterapia, sincretismo tra interprete ed attore

Dramatherapy Backstage, Sonia, Il Resto della mia Vita,
Libertà, Atelier DramaticaMernte Teatro, 13 Maggio 2011
@director

Dov'è il passaggio di confine tra interprete ed attore? Come si compie l'osmosi tra i due territori (qunto conosco di me e qunto mi chiede la parte di interpretare)? L'interpretazione teatrale possiede per binario: la tecnica attoriale. Questa permette di vestire abiti anche insoliti, che usano tutto il bagaglio (estremamente ampliato ed affinnato) delle percezioni, sensazioni, emozioni umane, come anche quello cognitivo, con abilità come la memoria e l'attenzione, ecc. Nel setting drammaterapico, la drammaturgia è invece usata come una luce dedicata che fotografa e riprende la vicenda del soggetto, colorandola di inconsueto. Il risultato è quello di evocare fantasmatiche rimosse o riproporre all'attenzione cosciente paesaggi dati per scontati. La ricontestualizzazione di quanto già esperito, già cosciente o meno (mi riferisco agli aspetti cognitivi ed affettivi delle esperienze archiviate), all'interno della cornice del teatro (come se), crea un dialogo particolare intrapsichico e poi relazionale che noi chiamiamo "processo drammaterapico".
Il personaggio, nella familiarità od estraneità di quanto costituisce l'esperienza specifica dell'interprete (alcuni ruoli ci sono conosciuti, altri non sono stati mai sperimentati), è l'altro con cui dialogare, una sottile "conversazione" che si esprime nella performance, che fa evolvere e modificare quest'ultima in stretto rapporto con quanto elaborato. Il "logos" (la parte così lavorata) diventa allora il luogo psicodinamico dell'incontro con l'altro mondano (il compagno attore, tutto il gruppo), quello che permette di sperimentare le prove d'autore dell'inconscio. Se questo processo avviene molte volte, in andata e ritorno, con contenuti che dal comparto intrapsichico trovano espressione nel setting per rideterminare successivamente nello psichico quanto già evocato, noi definiamo questo processo "In-Out", e il regista ed il gruppo hanno il potere ed il ruolo di sollecitare questa dinamica (Creative Drama & In-Out Theatre).
La tecnica drammaterapica serve questo scopo ed il regista deve usare artifici e provocazioni per evitare che il testo si insinui nei canjons già scavati del pregiudizio, dell'abitudine e delle resistenze. Si potrebbe immaginare il testo bussare alla porta del soggetto. Questi la apre, ma il testo continua a bussare. L'ospite fa presente che la porta è stata aperta e che egli può entrare. Generalmente la perplessità che accompagna un terzo turno di colpi all'uscio, spinge la richiesta più profondamente, oltre l'ovvietà delle risposte e determina il "drama".

4 commenti:

  1. Come dice il director il testo bussa alla porta e vuole entrare in noi...di nuovo l'altra sera ho trovato difficoltà a sdoppiarmi,a far entrare il personaggio in me.Poi, come per magia,torno a casa e mi ritrovo da sola a pensare al personaggio,a ciò che dovevo dire e non ho detto...Mi ripropongo di fare sempre meglio e allontanare da me quelle resistenze, quei pregiudizi che per troppo tempo hanno dimorato dentro e che sarebbe ora che si allontanassero per dare spazio alle tante risorse che possiedo e non conosco.Quanta fatica!!!!Alice

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  2. Foto:quale sono dei tre? Bella domanda,e chi lo sa,ma è importante saperlo? sapere chi sono non migliorerebbe la mia vita, sicuramente agli occhi degli altri si,perchè mi darebbe uno status,ma quello che voglio è altro.Anche altro non è identificabile,quindi ricerca continua e infinita,e così la vita va avanti,cercando di scoprire e vivere nuove pagine di vita,senza mai allontanarsi dalla realtà(bollette,lavoro,impegni,condizione sociale ecc...),altrimenti diventerei un clochard. Mentre scrivo questo,mi rendo conto che c'è qualcosa in me che parla,forse sono tutti quei processi drammaterapici a cui fa riferimento il Director,domande senza risposte,personaggi interpretati a favore e contro di me,momenti di calore intenso e cadute nel vuoto,tutto questo in un mondo a me sconosciuto,che si apre e chiude.Poi non so da dove arrivano risposte e cambiano colori,situazioni e momenti.Liberta

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  3. Quante porte chiuse ci sono state e ancora ci sono.La differenza tra ieri e oggi è che oggi forse sono consapevole di tutto questo.In attesa che i personaggi bussino nella parte più profonda di me,dove alloggiano i tanti miei personaggi che cercano voce,per non farmi sentire chiusa nei soliti ruoli.Scocciata da questi ruoli e in cerca di...Astra

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  4. Hai ragione Alice, la stessa fatica che facciamo per alzarci da una comoda poltrona.
    La poltrona delle abitudini e consuetudini, delle piccole manie e dei bisogni proiettati da noi stessi.
    Con un po' di coraggio e un piccolo sforzo, possiamo scoprire un mondo diverso, perchè la nostra prospettiva cambia, aiutati dalla scoperta di risorse nascoste o mai utilizzate.
    Nero

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