Il Teatro un giorno ti incontra per strada o nella semioscurità di una sala. Ti spoglia di quanto sapevi, senza farti restare nudo. Ti fa riconoscere dietro le tue maschere ed annulla la distanza da esse. Ti restituisce all'umiltà dell'ascolto. In questo luogo, sei invitato a darti quale sei, uno in più dei centomila personaggi già incontrati.

sabato 7 maggio 2011

Drammaterapia e Parola

Nero e Libertà, Atelier DramaticaMente Teatro, 2011
@ director
Recentemente, su facebook, con una mia cara amica, ho avuto un amicale "bisticcio" di parole proprio su le..."parole": si stava commentando il passo di Pessoa che qualche giorno fa ho trascritto qui. Parola simulacro, parola segno, parola concetto, parola forma.
In questo ultimo mezzo secolo la contesa tra forma e contenuto ha subito un duro colpo, con la scoperta (del resto non nuova) che i contenuti hanno impressa l'origine del contenitore e delle sue forme, che siano apparenti o legate al pensiero simbolico-astratto; che forme casuali hanno determinano lo sviluppo dell'evoluzione e che sui grandi numeri la statistica vince sempre, ma non riproduce la realtà del pensiero. E' un discorso che, almeno in questa sede, ci porterebbe troppo lontano. Esso ha "pericolosamente" intriso di relativismo la nostra cultura, ma che è stato necessario che accadesse come in ogni transizione verso una coscienza più "sottile". Desidero prendere lo spunto da questo per sottolineare alcuni aspetti del nostro importante lavoro, di cui ognuno di voi può sentirsi a pieno diritto "soldato" nella costruzione della "pace" (alludo ai conflitti interni ovviamente!).
La mia cara amica esprimeva un giudizio che, genericamente, condivido: bisognerebbe sbucciare la realtà dalle sovrastrutture (la realtà che noi facciamno funzionare in noi: bisogni e desideri) e tenere i noccioli di verità. Ma esistono questi nuclei puri di immanente  guida dei nostri disegni? Ed io sottolineavo come anche nello spogliamento della realtà dalle sovrastrutture (che voi ed io chiamiamo fronzoli od orpelli...ci intendiamo), bisogna essere cauti. Come togliere la casa ad una chiocciola! Esse parlano "ritualisticamente" (anche un edificio può essere un "rito") delle nostre paure, e sono segnali, visibili o nascosti di quello che siamo, siamo stati e potremo essere. In tal senso il nostro "teatro drammaterapico", insieme alla radice psicodinamica e creativa, sottolinea quella antropologica, discute particolarmente del valore del simbolo e del rito e con simboli e riti fa "giocare" i propri partecipanti.
A volte, mi verrebbe la tentazione di tentare un cauto e significativo discorso su Lacan, anche con voi, digiuni di psicanalisi e forse di gran parte della filosofia. Alcune menti pescano le idee dai sogni che orbitano sopra le nostre teste e ne fanno dono a tutti gli altri uomini. Poi comprendo che ogni edificio ha i suoi limiti, ma che essi costituiscono anche un assoluto, senza confronti.
Ed allora, nella prassi, che escano improvvisamente da una scatola verniciata di fresco o si muovano tra le pareti invisibili di ambienti solo "pensati", questi nostri simboli! Che il vostro inconscio con essi, produttivamente, continui a lavorare!

5 commenti:

  1. Sai director, penso che se un edificio è abbastanza elastico da contenere più di ciò che sembra entrare in esso -vedi palloncino gonfiabile- possiamo provare a metterci più cose.
    E se la parola è un contenitore, tipo un armadio pieno di cassetti e reparti, possiamo provare a fare ordine.
    Con qualche piccolo aiuto, le cose inutili, fronzoli e orpelli, li lasceremo fuori con decisione.
    ...A patto di volercene liberare veramente.
    (Hai visto quanta fatica facciamo a buttare le cose vetuste e inusate?)
    Nero

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  2. La parola espressa nei miei pensieri oggi è grazie,per aver dato spazio alla mia conoscenza, ho ritrovato Pessoa, che un pò conoscevo,e che mi affascina perchè entri in una dimensione particolare.Ma Lacan è tutto da studiare ragazzi, è grande,mi intriga anche se è molto complesso.Grazie Director perchè i nostri orizzonti si illuminano e la conoscenza non smetta mai di essere...Beatrice

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  3. La foto è l'emblema di molte non comunicazioni tra me e Nero, anche se abbiamo parlato per anni interi, questo la dice lunga sulla non comunicazione.Nell'incontro sull'improvvisazione, alla fine quando c'è stato il dibattito,ognuno esprimeva un giudizio su un proprio pregiudizio (me compreso). Guardando la scena dal di fuori,sembrava essere al grande fratello,dove ognuno aveva la propria ragione da esporre, in un chiacchiericcio infinito e con toni alti. Come dice Pessoa,la parola,può e dovrebbe essere un mezzo per trasmettere all'altro, pensieri,emozioni,gioie,stati d'animo,paure,angosce,difficoltà,invece noi la usiamo per salvarci e inconsapevolmente ci chiudiamo in noi stessi anche se parliamo tanto per mascherare la nostra solitudine altrimenti saremo smascherati da noi stessi e questo ci farebbe accettare le nostre paure. Vivendo queste cose, mi rendo conto quanto sia arduo il compito del Director,perchè deve continuamente mediare per noi, tra la voglia di essere liberi e la paura di essere liberi. Ora capisco il pericolo di entrare nella farsa,magari mascherata da una ottima performance,se così fosse saremmo dei bravi attori,questo non è quello che voglio. Il traguardo è veramente alto perchè è alla portata dell'essere umano,che è grande.Grazie Director e grazie a tutti voi che leggete e rispondete vivendo questa esperienza insieme.Liberta

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  4. Il tuo commento, Libertà caro, mi restituisce un pò di serenità...se hai compreso e sentito quello che hai scritto. Grazie per il tuo illuminato distinguo tra farsa e "drama".

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  5. Quante volte nella vita mi sono trovata a fare salti nel vuoto,a superare ostacoli,quindi per paura del vuoto sono rimasta dov'ero,ferma.Non mi rendevo conto che per trovare la forza,dovevo rinunciare alla mia comodità di pensieri,per farmi dono e ascoltare quello che avevo intorno,senza strutture gia collaudate ma di aprirmi a quello che conosco in una scoperta continua,che mi rinnova dentro.Vorrei rendervi partecipi di un mio pensiero,riguardo Blue Beard,la piece andata in scena a dicembre.In quella piece, ero sicuramente più attenta a "ricordare bene la parte",cercando si,di tirare fuori quanto di Rebecca(la mia parte),avevo dentro,ma avevo e forse ho ancora paura,di togliermi quelle maschere che metto per nascondere di avere paura.Nella nuova piece spero di ingannare la mia comodità per muovere le tante decantate risorse,superando i limiti creati dai miei pensieri fino ad oggi.Grazie Director,per quello che sei e per quello che ci inciti a fare.Astra

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