Il Teatro un giorno ti incontra per strada o nella semioscurità di una sala. Ti spoglia di quanto sapevi, senza farti restare nudo. Ti fa riconoscere dietro le tue maschere ed annulla la distanza da esse. Ti restituisce all'umiltà dell'ascolto. In questo luogo, sei invitato a darti quale sei, uno in più dei centomila personaggi già incontrati.

mercoledì 4 maggio 2011

Drammaterapia e Consapevolezza nella Evoluzione


@ Nero
Guardo sempre con piacere le nostre performances, attori in fasce che si mostrano per quello che sono; inesperti e insicuri quanto genuini e capaci di portare in scena le proprie difficoltà, lasciando che l'esperienza attoriale faccia da apripista al cammino dell'inconscio in un'osmotico scambio di emozioni e sentimenti a volte sconosciuti, seminascosti, negati o dimenticati in qualche angolo remoto del nostro Io. Perchè l'animale primordiale che strisciava e sentiva con il contatto e il fiuto ha poi dovuto evolvere in un essere capace di organizzarsi in modo più complesso e "culturalmente" più completo, ma non per questo scevro da rischi, ansie e momenti di sconforto, per le inevitabili e a volte salutari cadute e regressioni. E allora ben venga il pavimento che ci riporta ad uno stato semiembrionale; e ben venga la musica che ci fa sentire il ritmo della vita; evviva la danza che accomuna gli animi e li rende partecipi di qualcosa che supera l'individuo per portarlo nella dimensione gruppale; ed ancora grazie all'"Attore" che si spoglia degli orpelli e dei fronzoli di quella crescita che lo ha avvantaggiato e penalizzato al contempo, per essere se stesso alla ricerca del suo "senso".

@ director   
Che si possa far lavorare la mente, darle il permesso, sospingerla alla scoperta, amre il proprio sentimento di stupore, mentre scopre l'altro (che è già atto d'amore a doppio  ed unico senso senso) costituisce quanto tu descrivi. Ed allora desidero risponderti e raccontare ai tuoi compagni di viaggio un passo significativo di Bernardi Soares, alias Pessoa. A presto caro amico.

" Hai già pensato, o tu, l'Altra, quanto invisibili siamo gli uni agli altri? Hai già riflettuto su quanto ci ignoriamo? Ci vediamo, ma non ci vediamo. Ci udiamo, ma ognuno ascolta solo la voce che è dentro di sè.
   Le parole degli altri sono errori del nostro udire, naufragi del nostro comprendere. Con quale fiducia crediamo nel nostro senso delle parole altrui. Voluttà che altri pongono nelle parole, ci sanno di morte. Leggiamo voluttà e vita in ciò che gli altri lasciano cadere dalle labbra senza l'intenzione di dargli un senso profondo.
   La voce dei ruscelli che interpreti, innocente ripetitrice, la voce degli alberi nel cui mormorio riponiamo un senso -ah mio amore ignoto, quanto tutto questo è noi e tutto fantasie di cenere, che sgocciola lungo le grate delle nostra cella!"*

Nessun eco, profanante, a quanto scrive il poeta, ma è per quanto egli avvicina alla nostra mente che ci spingiamo più forte a dire che serve il salto verso l'"altro". Non acrobatico, non rovinoso, ma salto.
Parodiando quanto descrive  J. Cortazar, perchè davvero il mondo non  si divida, irrimediabilmente, tra Cronopios e Famas.
  

* Pessoa, Il Libro dell'Inquietudine, 325, New Compton Ed., 2006  

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